Lo scorso mese ho visto un articolo molto dettagliato su Luigi Telmon (detto amichevolmente Gigi) scritto da Alessandro Ghezzer e conosciuto da tutti come Agh (oltre che per il suo portale Girovagando in Montagna). Luigi Telmon è considerato uno dei massimi esperti di valanghe in Italia, ora in pensione, e visto che ho l’onore di averlo come vicino di casa, non potevo non parlarne. Vi riporto soltanto una piccola parte del lungo articolo che troverete completo sul BLOG di Agh che ringrazio per la sua sempre grande disponibilità! ARTICOLO COMPLETO “Una vita per le montagne”
Nato a Susa in provincia di Torino nel 1932, Luigi Telmon [1] ha dedicato la sua vita alla montagna. In particolare, lo studio delle valanghe é divenuto nel tempo una sorta di «missione», con lo scopo di salvare piú vite umane possibile tramite la conoscenza e l’informazione.
Chi scrive lo ha conosciuto parecchi anni fa, nel 2001, quando organizzammo insieme una “due giorni” divulgativa sulle valanghe per il newsgroup it.sport.montagna. Ricordo che, generosamente, volle venire assolutamente gratis e non accettò neppure un rimborso spese per la benzina e il soggiorno a Trento .
Gigi, negli ultimi anni oltre al classico “trittico” per la sicurezza di Artva, pala e sonda, sono apparsi in commercio gli “zaini Airbag”. Sono strumenti validi? Quali sono pregi e difetti?
Ho sperimentato i primi esemplari di zaini “airbag” più di quarant’anni fa facendoli investire da una notevole valanga di lastroni generata dal crollo di una cornice, vincolati ad una zavorra di 80 Kg. La prova ha avuto luogo a confronto con identici manichini vincolati ad una funicella da valanga che, alla sua estremità libera, aveva un palloncino di circa 30 cm di diametro. I manichini con l’airbag sono rimasti a galla e si sono arrestati prima dell’arresto della valanga, dopo essere stati spinti all’esterno della stessa. I manichini con la funicella sono stati sepolti e rinvenuti velocemente, in fondo alla valanga, grazie al galleggiamento del palloncino e seguendo la funicella semisepolta. In quel periodo si stava cercando il modo di rendere più valido l’uso della funicella. L’avvento dell’airbag ha chiuso ogni sperimentazione con la funicella. L’airbag di allora era un unico cuscino, sul retro dello zaino, che veniva gonfiato al momento del bisogno esercitando una trazione su una maniglia, posta anteriormente sullo spallaccio sinistro. Questa azionava una bombola in grado di gonfiare il pallone, riducendo il peso specifico del complesso corpo-pallone per consentirne il galleggiamento. Il fatto di avere il pallone sulla schiena, tuttavia, costringeva la parte più pesante del complesso (il corpo del travolto) a scivolare con la neve , con conseguente possibilità di traumi o di soffocamento per penetrazione di neve nelle vie respiratorie. Lo zaino aveva un peso abbastanza rilevante. Successivamente sono state apportate modifiche soprattutto volte a favorire lo scivolamento del corpo sulla neve, suddividendo il cuscino dorsale in due laterali, a parità di volume complessivo.
Pregi:
1. Galleggiamento assicurato. 2 Pronto reperimento da parte dei soccorritori grazie al colore vivace dei cuscini 3 Minor percorso durante il trascinamento nella neve 4. A differenza dell’ARTVa, che favorisce la ricerca, l’airbag favorisce il salvataggio della vita per effetto del galleggiamento sulla valanga.
Difetti:
1. Necessità di prontezza di riflessi per azionare le bombole al momento dell’inizio del travolgimento: in alternativa si può azionare l’apparecchio in caso di sospetto, ma poi occorre proseguire o con i palloni gonfi, o ricaricandoli poi con bombole di scorta (aumento del carico) 2. Peso relativamente ancora elevato 3. Possibilità di traumi durante lo scorrimento, specie se non sono stati aperti i laccioli degli sci per consentirne lo sgancio e non sono stati tolti i polsi dai laccioli dei bastoncini, per poterli abbandonare. L’aver indossato l’airbag non esime dall’adottare tutti gli accorgimenti raccomandati allo scialpinista quando si inoltra su un pendio potenzialmente pericoloso, compresa la protezione delle vie respiratorie.
Gli Artva moderni digitali sembrano molto più facili da usare rispetto agli analogici di una volta. E’ davvero così?
Quando ero alla sezione Studi della Scuola Militare Alpina di Aosta, ho avuto modo di sperimentare i primi apparecchi di ricerca, oltre quarant’anni fa, a cominciare dallo SKADI, il primo ricercatore giunto in Italia, portatomi da un ingegnere americano. Successivamente ne sono stati prodotti altri in Europa, in particolare lo ZELLWEGER e l’ AUTOPHON, la serie dei PEEPS e il REDAR. A seguito degli esperimenti ho optato per la frequenza di 457 kHz utilizzata dall’Autophon Barryvox, che dava le maggiori garanzie di intercettazione del segnale a distanza e di precisione di individuazione. Ho provveduto, quindi, a far realizzare un apparecchio in Italia per le Truppe Alpine con la stessa frequenza (FITRE RT 75). I primi esemplari furono di color kaki oliva e successivamente la produzione è stata realizzata in rosso anche per il pubblico. Si trattava sempre di apparecchi analogici, compatibili con tutti gli apparecchi che utilizzavano la frequenza di 457 kHz. Il loro impiego era facile, veloce e preciso, a condizione di seguire precise norme di ricerca, possibili dopo un breve esercizio e ponendo la necessaria attenzione. Fidandomi della loro validità e robustezza ed adottando le necessarie procedure di ricerca, anche per ovviare ad interferenze con altri ricercatori in zona, gli ARTVa analogici non mi hanno mai dato problemi. Ho addirittura lanciato un FITRE su una pietraia e si è appena scalfitto l’involucro mantenendo inalterato il funzionamento. Per ragioni … anagrafiche e a causa di un cambiamento di incarico di servizio, non ho potuto effettuare studi ed esperimenti sui nuovi modelli entrati in commercio ed in particolare sui digitali. Non posso, quindi esprimere un giudizio obiettivo, non avendoli mai impiegati sul campo. Per le mie esigenze personali, andate via via scemando fino, ormai, ad annullarsi, andavano benissimo gli analogici ed ho continuato ad usare quelli. Ritengo che il progresso tecnologico possa favorire l’impiego dei digitali, ma non sono in condizioni di esprimere un giudizio, per cui non so se la tecnologia moderna abbia dato più peso all’efficienza, alla robustezza ed alla facilità di impiego o alle leggi di mercato, visto il proliferare dei modelli. Resta il fatto che gli apparecchi, di qualsiasi tipo essi siano, nell’ambito di un gruppo, debbono, ovviamente, essere sempre compatibili fra loro ed usati dopo una doverosa preparazione del personale.
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