Iniziato da pochi giorni il 2020, in questo articolo analizziamo l’anno meteorologico 2019 per l’area alpina (con particolare riferimento alla zona dolomitica) e globalmente a livello nazionale con alcuni brevissimi cenni all’Europa (Europa e climatologia globale su cui saremo più precisi quando saranno usciti i dati degli enti ufficiali nelle prossime settimane).
Inverno 2019
L’inizio dello scorso anno ha avuto un’impronta anticiclonica su buona parte del territorio italiano, quando invece le zone alpine confinali venivano quotidianamente lambite da perturbazioni da nord/nord ovest, che lasciavano a secco i nostri settori per scaricare invece ingenti quantitativi nevosi su Austria e Svizzera; intorno alla metà di gennaio queste zone raggiungevano i 3m di accumulo sulle quote intorno ai 1000m.
In Italia e in particolare sulle regioni centrali Tirreniche e tutto il nord si era già aperta una lunga fase siccitosa, con le temperature comunque molto basse di primo mattino per la crescente inversione termica al suolo (record di 14 gelate consecutive a Firenze aeroporto nel mese di gennaio battendo anche l’85). L’ultimo evento piovoso degno di nota risaliva alla devastante tempesta Vaia (fine ottobre 2018); da lì in poi il tempo si era fatto statico con scarsissime perturbazioni e la siccità appunto (dopo accumuli record al nord est proprio in concomitanza di Vaia) divenuta ormai realtà.
Solo verso la fine di gennaio alcune perturbazioni iniziavano ad interessare in particolare il centro sud.
Per le Dolomiti questo copione statico e anticiclonico viene interrotto il 2 di febbraio, quando una strutturata ed intensa perturbazione atlantica riporta fino a 40 cm nel fondovalle della nostra Val di Fassa e 70 cm sui passi dolomitici.
Proprio questa perturbazione segna però un nuovo spartiacque per il meteo alpino italiano e nazionale. Inizia infatti un febbraio ben poco invernale con solo alcune discese fredde a lambire il basso Adriatico e un anticiclone padrone della situazione al centro (lato tirrenico) e nord Italia. La pioggia dei primi di febbraio risolve quindi ben poco e lo stato di siccità torna a farsi pesante, per risolversi solamente con l’inizio del mese di aprile.
Da segnalare (a differenza di gennaio) una forte componente sub tropicale che porta i termometri a sfiorare i 20° in Toscana con massime comunque miti un po’ ovunque e aria calda che viene sospinta in quota: sull’arco alpino è praticamente Primavera anticipata.
Come detto aprile porta un netta svolta configurativa.
Le perturbazioni atlantiche iniziano a farsi largo sulla Francia e interessano anche il nostro Paese. Una particolarmente intensa mette fine alla lunga fase di secca al centro nord e sulle Alpi torna la neve fino a sfiorare i 1000/1200 m.
Sui passi dolomitici esposti al flusso meridionale (es Rolle) l’accumulo raggiunge il metro di neve fresca.
Tutto il mese si comporta secondo i canoni, alternando fasi piovose (nevose in quota) con altre più miti; in particolare si superano i 25° al centro sud nella settimana pasquale, prima dell’arrivo di un’altra perturbazione a fine mese che riporta 30 cm in alta Val di Fassa e fiocchi fin sotto i 1000 m in Alto Adige.
Inizia così un maggio da ricordare: si perché mentre al livello globale e europeo il sopra media e il caldo la fanno da padrone (punte di 27° a Helsinki nell’ultima parte del mese), in Italia sembra più novembre e sulle Alpi addirittura inverno.
L’evento più significativo è quello del 5 maggio: neve che attecchisce in Trentino fin sui 500m in Val di Non. Le Dolomiti si svegliano come in pieno inverno e la neve arriva copiosamente anche sull’Appennino tosco emiliano fin sugli 800m di quota.
Si registrano poi per tutto il mese diversi impulsi perturbati con nevicate sempre non sopra i 1000/1500m in graduale rialzo, ma in alta quota i ghiacciai arrivano a sfiorare i 3 metri di accumulo mensile.
Ha inizio così l’estate che, come spesso capita negli ultimi anni, farà parlare di sé
Una delle più calde a livello globale con diverse ondate di calore anche sul nostro Paese, intervallate di tanto in tanto da qualche fugace fronte temporalesco, che (come accaduto durante l’inverno) ha privilegiato la fascia adriatica. Mentre il secco l’ha fatta da padrone quasi ovunque, in zona alpina spesso i temporali hanno avuto caratteristiche di forte intensità, vuoi per i precedenti picchi di calore raggiunti, vuoi per la curvatura ciclonica delle saccature in scorrimento sull’Europa settentrionale al limite delle risalite anticicloniche. La notte tra il 6 e il 7 di luglio la stazione meteo di Vigo di Fassa ha registrato raffiche fino a 90km/h circa e sono caduti alcuni alberi nelle laterali Val San Nicolò e Monzoni, oltre a locali disagi sul versante altoatesino del Passo Costalunga. Al seguito del rovescio in tutta la Val di Fassa comparvero dei Mammatus immensi e diffusi come non si vedevano da decenni!
Parlavamo appunto dei picchi di caldo. Il 26 giugno i valori a giro per l’Arco alpino hanno toccato record per il mese.
32,2° ai 1400m di Vigo di Fassa (un record, secondo soltanto all’estate del 2003), 35° a Cavalese (1000m), 38° a Vandoies (750 m-Val Pusteria).
Il giorno 28 Firenze con 39° validati ha stracciato il record di giugno.
Ringraziamo Paolo Pierobon che ci fornisce questi dati molto significativi in merito alla suddetta siccità che ha colpito in inverno il nord Italia e che poi è ripresa nella stagione estiva.
Per la Lombardia NW, in particolare tra medio/basso Varesotto e Comasco, il 2019 è stato caratterizzato da una lunghissima fase secca durata fino a fine settembre; molte zone registravano 600/650 mm di pioggia in 9 mesi con deficit idrici di oltre 500/600 mm.
Da ottobre con l’arrivo dell’atlantico ha preso il via uno dei trimestri più piovosi degli ultimi anni con deficit idrici completamente risanati e anno chiuso in media pluviometrica. A livello termico anomalia di oltre 1 grado sull’anno.
(Precisamente a Guanzate dove ho la mia stazione è il più caldo dal 2017).
Diversamente tra Lario, Prealpi e Alpi, il 2019 grazie a una estate molto temporalesca e un autunno tanto piovoso l’anno ha chiuso con una forte anomalia positiva in termini pluviometrici con surplus di oltre 500 mm.
Passiamo quindi ad analizzare proprio l’Autunno meteorologico
Sulle Dolomiti il giorno 8 settembre torna la neve fin sui 1800m. Da segnalare 40/50cm sul ghiacciaio della Marmolada che, vista la minor insolazione e temperature senza picchi eclatanti verso l’alto a seguire, si sono mantenuti fin quasi alle soglie di ottobre.
Nel resto d’Italia le condizioni estive proseguivano invece fino a tutto settembre e ottobre ha visto numerosi picchi di 24/25 gradi anche al nord.
Da segnalare lo zero termico spesso vicino ai 3700/4000m sulle Alpi a metà ottobre.
Con novembre un netto cambio di passo e l’apertura di un mese tra i più piovosi della storia sulla nostra penisola. Poco in realtà sui settori orientali e adriatici.
L’arco alpino ha visto diverse e copiose nevicate raggiungendo secondo i dati meteo arpav Dolomiti valori sopra la media anche del 30/40% rispetto all’accumulo usuale.
Fino a 3 metri totali sopra i 2200/2500m nelle zone esposte e ad inizio novembre bellissime nevicate anche in tutto il fondovalle fassano, che si sono trasformate a tratti in pioggia con il proseguo del mese per il forte richiamo sciroccale e nuovamente alternando neve a pioggia sotto le feste natalizie.
Durante tutto il mese le condizioni depressionarie in area italica e mediterranea hanno provocato una forte e persistente risalita di aria molto calda sui Balcani e Russia europea con valori ben al di sopra delle medie e un inverno di fatto (per ora) mai esploso in quelle zone.
A corredo di questo novembre storico
Qui i dati forniti dal sito www.nimbus.it